Catl e Stellantis procedono spediti sulla strada che porterà alla creazione di una delle maggiori fabbriche di batterie d'Europa: con la tradizionale cerimonia di posa della prima pietra, la joint venture Contemporary Star Energy avvierà oggi i lavori di costruzione della gigafactory di Figuerelas, alle porte di Saragozza.
Dunque, il progetto spagnolo sta rispettando i programmi, mentre non si sa ancora nulla su quanto intenda fare Automotive Cells Company, impresa partecipata dalla stessa Stellantis, da TotalEnergies e Mercedes-Benz, per la conversione dell'impianto di motori e trasmissioni di Termoli: l'azienda francese dovrebbe fornire degli aggiornamenti entro la fine di quest'anno, ma la scadenza si avvicina e i dubbi sull'iniziativa aumentano di giorno in giorno, ancor di più dopo alcune recenti indiscrezioni della stampa transalpina sulle difficoltà della stessa Acc.
È, dunque, il caso di tornare sui due progetti anche per compredere quali siano le differenze tra una Spagna che viaggia a tutta velocità e un'Italia sempre più indietro nella corsa alle gigafactory.
In Spagna, Contemporary Star Energy intende investire 4,1 miliardi di euro per produrre batterie Lfp (acronimo di litio-ferro-fosfato). Tale tecnologia non garantisce le performance dei ben più noti accumulatori agli ioni di litio, ma è una soluzione molto più conveniente. E difatti, molti costruttori stanno preferendo questa strada per ridurre i listini delle loro elettriche e renderle più accessibili. Inoltre, il progetto spagnolo vede il pieno coinvolgimento della cinese Catl, la maggior azienda al mondo nel campo delle batterie: padroneggia tutte le tecnologie oggi disponibili e gode di un vantaggio competitivo enorme, che evidenzia ancora una volta l'assoluta dipendenza europea dalla Cina in un segmento di prodotto cruciale per la transizione dell'industria dell'auto.
Il coinvolgimento della Catl sta eliminando tutta una serie di ostacoli, a partire dal reclutamento di lavoratori specializzati. A tal proposito, non sono mancate le polemiche. La fabbrica sarà realizzata anche grazie al sostegno pubblico (le autorità locali hanno assicurato fondi per 300 milioni di euro in base a programmi di supporto all'innovazione finanziati pure da risorse europee), ma per costruirla saranno impiegati migliaia di lavoratori cinesi. Inoltre, il loro arrivo ha alimentato timori sulla capacità di Figuerelas, un borgo di circa 1.300 abitanti, di ospitare una tale massa di persone. A ogni modo, alcuni tecnici e dirigenti del Dragone sono già arrivati nel Paese aragonese, ma altre centinaia di lavoratori li seguiranno già entro la fine dell'anno grazie a permessi speciali assicurati dalle autorità locali. Il processo di reclutamento proseguirà nei prossimi mesi per arrivare alla fine del 2026 a contare poco meno di 2 mila cittadini cinesi all'opera.
Il progetto prevede che la produzione di batterie inizi alla fine del 2026 e cresca gradualmente negli anni successivi con l'obiettivo di raggiungere una capacità di 50 GWh, ma molto dipenderà dall'evoluzione del mercato delle elettriche in Europa. In ogni caso, i cinesi lasceranno progressivamente spazio agli spagnoli. Si prevede l'assunzione e la relativa formazione di 3 mila persone. La scelta di portare in Spagna maestranze cinesi evidenzia la carenza di competenze europee nel campo delle batterie e lancia un chiaro avvertimento alle istituzioni continentali. Del resto, Catl vuole evitare quanto sta avvenendo in Ungheria, dove la scelta di reclutare solo personale locale per realizzare la gigafactory più grande d'Europa si sta rilevando talmente problematica da aver determinato la decisione di posticipare al 2026 l'avvio della produzione, inizialmente previsto in questi mesi. In sostanza, sono i cinesi a saper costruire le gigafactory e non c'è altro da fare che osservare il loro lavoro e imparare.
Dunque, in Spagna si è scelta la strada del pragmatismo. E tale approccio, unito a costi del lavoro più bassi, tariffe energetiche inferiori di almeno il 20% rispetto alla media europea e politiche pro-cinesi (Madrid ha osteggiato i dazi Ue sulle elettriche del Dragone), sta trasformando il Paese in un hub delle batterie. Recente è l'avvio dei lavori per la costruzione di una gigafactory a Sagunto (Valencia) da parte della PowerCo del gruppo Volkswagen, mentre sono stati confermate analoghe iniziative della Envision Aesc e della InoBat.
Sulla gigafactory di Termoli i dubbi sono aumentati nelle ultime settimane in seguito ad alcune indiscrezioni della stampa francese sui problemi della Acc. L'azienda ha scelto la tecnologia degli ioni di litio, una soluzione costosa e resa ancor più complessa dalla carenza di competenze specifiche in campo progettuale e produttivo.
Attualmente, è operativa solo la fabbrica di Douvrin, nel nord della Francia, mentre i progetti sia di Termoli, che di Rüsselsheim sono stati sospesi per rivedere le strategie, "aggiungere nuove chimiche di celle a basso costo al portafoglio" e rispondere "allo spostamento della domanda del mercato verso veicoli elettrici dai costi più contenuti". E questo vuol dire semplicemente che la scelta di molti costruttori - tra cui la stessa Stellantis - di puntare sulle batterie Lfp sta influendo parecchio sulle scelte aziendali. E poi ci sono i dubbi dell'amministratore delegato di TotalEnergie, Patrick Pouyanné ("meglio concentrare gli sforzi su uno stabilimento piuttosto che su tre") e i non pochi problemi operativi.
La gigafactory di Douvrin non sta solo producendo poche batterie, quantomeno rispetto agli obiettivi originari, ma sta anche incontrando ostacoli qualitativi ed economici: fonti sindacali parlano di appena 15-20 mila pacchi prodotti nel quarto trimestre, di tassi di scarso ancora al 15-20% e di spese operative superiori dal 20 al 25% rispetto a quelle cinesi o coreane. In sostanza, l'intero progetto Acc è ancora lontano da un livello minimo di sostenibilità economica e dunque i vertici aziendali potrebbero preferire proprio la strada indicata da Pouyanné. Per il quotidiano Milano Finanza, Acc sarebbe ormai sul punto di abbandonare il progetto molisano, ritenuto "non realizzabile a causa di difficoltà tecniche, strategiche e finanziarie". Ovviamente, non è da escludere un peso specifico delle tariffe energetiche italiane e del rallentamento del mercato delle elettriche, ma il maggior problema sembra proprio Acc: la scelta dell'autonomia tecnologica e strategica si sta scontrando con la realtà di un mercato interamente in mano alla Cina.