Il diavolo e l'acqua santa - VIDEO


Data inizio: 10-07-2025 - Data Fine: 10-09-2025


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Sto guidando verso casa, dopo un'intensa due giorni dalle parti della riviera adriatica, e cerco di fare ordine nella mia mente ancora frastornata. Rivivo, minuto per minuto, ciò che mi ha trasferito la Ferrari F80. E mentre lo faccio vado a ritroso a caccia di un benchmark, per arrivare alla conclusione che nessuna supercar provata nel corso del tempo sia realmente comparabile a questo oggetto. Un pezzo di straordinaria ingegneria che richiede, una volta al volante, di ricalibrare verso l'alto tutti i propri parametri di riferimento.

Trecento cavalli/litro. Ma andiamo con ordine: la F80 incarna l'essenza della supercar Ferrari, ossia quella di scattare un'istantanea dello stato dell'arte del marchio. Ecco perché monta un V6 biturbo di 3.0 litri (da 300 CV/litro di potenza specifica, vale la pena ricordarlo) e non un inopportuno V12 aspirato (per godersi quello ci sono molti altri modelli della Ferrari), abbinato a un sofisticato comparto elettrificato che prende spunto sia dalla F.1 (con Mgu-H e Mgu-K), sia dalla 499P che di recente si è portata a casa la terza 24 Ore di Le Mans consecutiva.

Quei magici ammortizzatori. Qui non c'è l'estrema complessità di un vero powertrain di F.1, difficile da far funzionare a dovere su una stradale (il velato riferimento è alla Mercedes-Amg One…); anzi, il sistema è molto malleabile, assieme all'intera vettura stessa, anche su strade aperte. E per farcelo comprendere per bene, la Ferrari ci ha concesso il lusso di guidare la F80 per un paio di centinaia di chilometri sulle colline dell'entroterra marchigiano, tra curve, sconnessioni e saliscendi che ricordano vagamente la Nordschleife. Il terreno ideale, insomma, per comprendere subito uno dei pezzi forti della vettura, ovvero gli ammortizzatori attivi Multimatic a 48 volt derivati dalla Purosangue. Se viaggi in soft, hanno l'abilità di filtrare insolitamente bene le imperfezioni, ma al tempo stesso non ti fanno mai perdere mai il contatto sensoriale con ogni singola ruota, fattore determinante quando in ballo ci sono 1.200 cavalli che producono velocità imbarazzanti in spazi terribilmente ristretti, dunque roba da gestire con giudizio. Anche perché, francamente, non occorre viaggiare a vita persa per godersela: basta attivare la modalità Race, abbassare il finestrino e ascoltare il concerto, con il V6 biturbo che suona cupo, il soffio delle turbine, l'asse anteriore elettrico che sibila e il cambio che produce sonore botte.

Più di una tonnellata di downforce. Per fortuna, però, che c'è anche la pista. Misano Adriatico, 4,3 km con tratti lenti per apprezzare il torque vectoring dell'asse anteriore (ben percepibile, inserimenti rapidi e precisi), rettilinei per mettere a terra tutta la potenza fuori dalle curve (notevole motricità anche a CT off), pieghe veloci per sentire che effetto fanno 1.050 kg di downforce che ti schiacciano al suolo. In breve: il powertrain, che risponde come un aspirato e frulla a 9.200 giri, ha il potere di accorciare i rettifili, con una progressione realmente imbarazzante (lo 0-200 km/h in 5,75 secondi rende l'idea). Le cambiate? In modalità performance sono pressoché istantanee, ma personalmente le avrei preferite un po' più secche, anche a scapito della velocità.

Staccatona... ma ce n'è ancora. Altrettanto impressionante è la frenata, che richiede però un po' di adattamento. Non per mancanza di feeling, il pedale è ottimamente modulabile, bensì per la potenza dei nuovi dischi CCM-R Plus e dell'ABS Evo, un'accoppiata che, una volta compresi i limiti, consente di staccare tardi e fin dentro la curva. E qui tornano in ballo le sospensioni attive, che in staccata alzano il muso per attuare un effetto antiaffondamento; ma più in generale, regolano di continuo l'altezza da terra affinché la sofisticata aerodinamica possa sempre lavorare nella maniera più efficace, con un bilancio pressoché neutro. Il risultato? L'F80 è equilibrata, facilmente interpretabile e trasmette fiducia.

La mano invisibile dell'aria. Quella fiducia, però, va conquistata. La downforce è tale da costringerti a rivedere i tuoi parametri, perché se con una vettura a basso carico ti affidi al grip meccanico ed è più semplice percepire i limiti, con una vettura come la F80 devi fidarti: quel curvone che il tuo istinto di conservazione suggerisce di percorrere a 200 orari, in realtà lo puoi fare a 240-250 perché a tenerla incollata al suolo, oltre alla gomma, c'è l'aria. Invisibile, ma potentissima.




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