Il gruppo Stellantis è convinto della necessità di semplificare i regolamenti europei per eliminare gli attuali svantaggi a danno dei segmenti A e B. A ribadire una posizione già delineata dal presidente John Elkann e dall'ad della Renault, Luca de Meo, è la Country Manager per l'Italia, Antonella Bruno: "Sta emergendo una doppia linea di pensiero", ha detto Bruno al Festival dell'Economia di Trento. "Quella dei produttori latini, che vogliono vendere vetture popolari, e quella dei costruttori tedeschi, più concentrati su vetture di grandi dimensioni, sul segmento premium e con una forte esposizione alle esportazioni. Pensiamo a quello che è successo negli ultimi 20 anni: le vetture sono diventate, per richieste ovviamente legislative, più pesanti, più complesse, più costose. Oggi i requisiti omologativi sono gli stessi per una vettura di piccole e grandi dimensioni e questo sicuramente ha un impatto sul consumatore e sull'accessibilità. Quindi, è necessaria una semplificazione a vantaggio delle vetture e dei veicoli commerciali leggeri più piccoli".
Green, Deal, guardare ai consumatori. Bruno è quindi intervenuta sulla questione della transizione e del Green Deal: "Come Stellantis confermiamo il nostro impegno verso la decarbonizzazione e sicuramente l'elettrico è uno degli elementi più importanti, ma dobbiamo considerare che c'è il consumatore e oggi il consumatore non è ancora pronto all'elettrico per una serie di fattori. Tra questi il costo e le infrastrutture. Per la dirigente in Italia la situazione stia migliorando, ma "non c'è una situazione omogenea sul territorio italiano: circa il 60% delle infrastrutture è concentrato nel Nord". Ecco perché, per ridurre le emissioni, sarebbe necessario intervenire sul parco circolante: "In Europa ci sono 250 milioni di vetture di oltre 12 anni. In Italia l'età media del parco è di 13 anni e per circa il 25% sono vetture pre-Euro 4, quindi con 19 anni di anzianità. Se noi lavoriamo sul rinnovo del parco circolante, lavoriamo sulla domanda e di conseguenza sull'industria. Uno degli elementi cruciali è concentrarsi sul rinnovo nel parco circolante per ridurre la CO2 e avvicinarsi ai target della decarbonizzazione". Ovvio un passaggio sul Piano per l'Italia: Bruno ha posto l'attenzione sull'attuale "fase di implementazione" e su alcuni dei progressi finora compiuti, tra cui il recente annuncio della produzione dopo l'estate della Jeep Compass a Melfi, l'avvio a novembre dell'assemblaggio della Fiat 500 ibrida a Mirafiori o l'assegnazione del cambio eDct a Termoli.
Normative da rivedere. A proposito di politiche europee, Gian Primo Quagliano del Centro Studi Promotor ha sottolineato come in Italia ci sia "sostanzialmente un rifiuto all'auto elettrica, una situazione difficile da superare anche con gli incentivi" e, in generale, il "grosso limite dei prezzi elevati che porta le famiglia ad avere difficoltà ad acquistare un'auto". Anche per questo Quagliano ha ribadito le sue critiche a Bruxelles per avere imposto dei diktat industriali con "un autorismo che stona con le pretese di democrazia" dei vertici politici continentali. Il Green Deal andrebbe dunque rivisto, come indicato anche da Franco Del Manso dell'Unem: "Per salvare l'auto europea uno dei problemi fondamentali sono le normative, che vanno riviste completamente. Noi siano d'accordo con la decarbonizzazione, ma dobbiamo guardare al mercato: l'elettromobilità è poco accettata dalla maggioranza dei consumatori. Se vogliamo raggiungere la decarbonizzazione, dobbiamo consentire che le vetture endotermiche siano alimentate dal combustibili carbon neutral. Non cè bisogno di chissà quale sviluppo tecnologico: già esistono", ha proseguito Del Manso, ricordando l'offerta degli Hvo e chiedendo all'Europa di garantire "una prospettiva di mercato stabile e certa: l'attuale normativa non ce la dà perché misura le emissioni solo allo scarico. Al contrario, bisognerebbe misurarle 'dalla culla alla tomba' e questa metodologia andrebbe applicato su tutto, anche sull'elettricità che alimenta i veicoli elettrici".